Inquinamento degli oceani

Il nostro impegno per rispondere alle sfide dell’inquinamento da plastica degli oceani

Le plastiche monouso rappresentano il 60% dell’inquinamento marino e Decathlon si impegna a eliminarle dai suoi imballaggi entro il 2026.

Lotta all’inquinamento da plastica

Le ultime stime pubblicate dal WWF sottolineano che ogni anno vengono versati nei fiumi tra 19 e 23 milioni di tonnellate di plastica, gran parte dei quali finisce in mare. Secondo il WWF, questo inquinamento che minaccia le specie e gli ecosistemi ha già raggiunto ufficialmente tutti gli oceani in ogni loro parte.
Eppure proprio gli oceani sono vitali per gli esseri umani, nonché le principali riserve della biodiversità al mondo; producono il 50% dell’ossigeno mondiale e trattengono una quantità di anidride carbonica fino a 50 volte superiore rispetto all’atmosfera. Inoltre, ricoprendo più del 70% della superficie del pianeta, trasportano
il calore dall’equatore fino ai poli regolando così il clima e i modelli meteorologici.
I rischi ecologici potrebbero quindi diventare molto importanti se non vengono prese misure fin da subito.

Per dare il suo contributo alla lotta all’inquinamento da plastica, Decathlon fa parte di una serie di organizzazioni multilaterali:
🧵il Fashion Pact4, una coalizione mondiale di imprese del settore tessile e della moda impegnate a tutela dell’ambiente su tre fronti: combattere il cambiamento climatico, ripristinare la biodiversità e proteggere gli oceani.
🧵 il Microfibre Consortium5, che sviluppa soluzioni per l’industria tessile mirate a ridurre la dispersione delle microfibre.

In questo contesto, considerato che le plastiche monouso rappresentano il 60% dell’inquinamento marino, Decathlon vuole fare di più e si impegna a eliminarle dai suoi imballaggi entro il 2026 (tranne per i prodotti alimentari, chimici, cosmetici, soggetti a obblighi di legge o che richiedono una protezione per mantenere le loro proprietà tecniche).

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L'impegno in sintesi

- Decathlon svolge studi teorici e pratici mirati a stimare le quantità di plastica disperse dai suoi prodotti per attuare delle contromisure.
- L’azienda limita la plastica monouso eliminandola gradualmente dagli imballaggi o riciclandola.

Misurare l’impatto di Decathlon

Stimare le quantità di plastica
potenzialmente disperse

Lanciato nel 2019, il progetto “Inquinamento da plastica degli oceani” mira a ridurre la potenziale dispersione delle plastiche legata alle attività di Decathlon. Nel 2021, è stato segnato un traguardo importante attraverso uno stato dei luoghi teorico che ha permesso all’azienda di avere una prima stima della quantità totale di plastiche che versa in mare.

Per svolgere questo studio, Decathlon si è basata sull'innovativo metodo del “Plastic Leak Project” e del suo partner Environmental Action.
A partire dai dati relativi a tutti i prodotti Decathlon venduti nel 2019 e ai modelling scientifici, è stato possibile formulare le prime stime e conclusioni¹:
■ delle 270.612 tonnellate di plastica vendute nel 2019, 3.931² potrebbero finire negli oceani nelle diverse fasi del ciclo di vita dei prodotti (produzione, trasporto, uso, fine vita);
■ di queste 3.931 tonnellate, 3.907 proverrebbero dalle macroplastiche (> 5 mm: imballaggi, prodotti plastici, tessuti) e 24 dalle microplastiche (tra 1 μm e 5 mm: abbigliamento, copertoni);
■ i processi a più forte impatto riflettono le vendite di Decathlon, abbigliamento (30%), calzature (14%) e plastiche e componenti (9%) rappresentano più del 50% della potenziale dispersione delle macroplastiche³;
■ la produzione e l’uso dei capi di abbigliamento (lavaggi) sono i principali fattori di dispersione teorica dei frammenti di fibre microplastiche (22 tonnellate vs 2 tonnellate dovute all’abrasione dei copertoni).

Parallelamente a questa prima analisi, sono stati condotti studi direttamente sul campo per verificare queste stime e avvicinarsi il più possibile all’impatto di Decathlon. L’insieme di questi lavori permetterà quindi di svolgere azioni mirate.

¹ Per realizzare queste prime stime, Decathlon si è basata su ipotesi e valori generici medi ricavati incrociando i dati di più studi esterni.
² Esclusa la perdita di produzione, le buste di plastica e l’inquinamento dovuto all’abrasione dei copertoni delle bici.
³ Il livello di dispersione delle macroplastiche è fortemente legato ai sistemi di gestione dei rifiuti specifici di ogni paese.

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Laura Cheret e Mathilde Geerts
leader del progetto “inquinamento da plastica degli oceani”

"Con questo studio, abbiamo voluto prima di tutto ottenere uno stato dei luoghi, una fotografia della potenziale incidenza di Decathlon sull’inquinamento da plastica degli oceani.I nostri calcoli si basano sull’idea che ogni prodotto venduto nel 2019 può avere un impatto per l’intero ciclo di vita attraverso la dispersione di microplastiche e/o macroplastiche. Il metodo tiene conto di numerosi criteri come il tipo di polimero, i paesi di produzione e di vendita, la misure dei prodotti o anche il livello di maturità delle filiere di raccolta e trattamento dei rifiuti nei territori. L’obiettivo non era avere risultati totalmente affidabili e verificabili in modo empirico ma ottenere un primo ordine di grandezza che perfezioneremo grazie ai nostri lavori sul campo e a degli elementi di confronto. Oltre a conoscere le quantità teoriche delle plastiche disperse, volevamo comprendere i meccanismi di questo inquinamento e le sue conseguenze per l’ecosistema e gli esseri umani, individuando gli impatti principali per stabilire le priorità delle nostre azioni. Questo studio ci offre una visuale ancora più chiara della nostra dipendenza dalla plastica e della necessità di ridurre al minimo la dispersione fino alla totale eliminazione”.

Confrontare i tessuti per ridurre
la dispersione delle microplastiche

Al fine di confrontare i risultati teorici ottenuti nel corso del progetto “Inquinamento da plastica degli oceani”, Decathlon si è anche basata sul metodo del Microfiber Consortium per calcolare la quantità di frammenti di fibre plastiche disperse dai tessuti, che rappresentano il 30% della sua produzione annua.

L’obiettivo di questo progetto è mettere a confronto i diversi tessuti per individuare quelli meno impattanti e quindi guidare le squadre per ridurre la dispersione.

43 tessuti sono stati testati in laboratorio per simulare la dispersione delle microplastiche durante un lavaggio. Filtrando l’acqua usata nel test, è stato possibile recuperare i frammenti di fibre plastiche che normalmente raggiungono le stazioni di depurazione. L’analisi effettuata ha permesso di mostrare che, in media, un tessuto disperde 672 mg/kg di microplastiche a ogni lavaggio.
È bene notare che questo dato non rappresenta la realtà esatta perché l’acqua usata nel test è stata prelevata prima delle fasi di filtraggio e trattamento.

In seguito a questi risultati, i collaboratori che partecipano al progetto “Textile Microplastic Leak” si sono messi al lavoro per definire un target di riduzione entro il 2026. Tutti i parametri tecnici del filo (tipo, lunghezza, struttura, ecc.) saranno analizzati per stabilire come poter ridurre al minimo la dispersione dei frammenti di fibre plastiche.

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